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GUNS N’ ROSES - PISTOLE, ROSE E APPETITO PER LA DISTRUZIONE

Ci sono dischi che escono e fanno successo.

Ci sono dischi che vengono ricordati per 2/3 canzoni, magari una di esse è una ballata.

Ci sono dischi che escono e sono dei flop colossali.

Ci sono dischi che entrano nella storia, che rappresentano il punto più alto della produzione di una band o di un artista.

Ci sono dischi e dischi, con mille storie e mille aneddoti … e poi c’è Appetite For Destruction dei Guns N’ Roses.

Questo, per me, è stato un disco che ha aperto gli occhi sull’hard rock. È stata una scintilla nella notte, un disco che a distanza di decenni continuo ancora ad ascoltare di gusto, tale è la sua bellezza.

A mio avviso è stato un disco che ha avuto lo stesso effetto di un cuneo che produce una crepa sul muro, è stato un disco che ha rotto tutti gli schemi stravolgendo la scena hard rock della seconda metà degli anni 80, più precisamente 1987.

Dalla “città degli Angeli” americana irrompono sul mercato discografico mondiale i Guns N’ Roses con il loro debut album, un autentico manifesto di un genere musicale conosciuto come hard “street” rock.

All’epoca del disco la formazione della band vedeva Axl Rose alla voce, Slash e Izzy Stradlin alle chitarre, Duff McKagan al basso e Steven Adler alla batteria.

Il nome del gruppo deriva dai nomi di due band, dove prima militavano i vari membri ossia gli L.S. Guns e gli Hollywood Rose.

In quegli anni la scena musicale era dominata essenzialmente da band glam rock (Poison, Ratt, Motley Crue, Cinderella) caratterizzate da un suono blando e banale a cui facevano da contraltare le vistose acconciature o i videoclip pieni di ragazze.

I Guns invece danno una sterzata totale proponendo un sound graffiante, sporco, rabbioso, melodico ma assolutamente non banale o piatto.

Nel 1987 l’album ha avuto lo stesso impatto di una bomba ad orologeria (a scoppio ritardato, poiché all’inizio sono stati in pochi a filarselo). Con il passare del tempo è stato uno dei dischi più venduti di sempre, grazie soprattutto ad una miscela esplosiva che conteneva molte cose: il blues rock dei Rolling Stones, l’hard blues degli Aerosmith, la furia del punk, il funky e l’heavy metal.

Il disco è aperto da un uno-due micidiale: Welcome to the jungle e It’s so easy. Ricordo perfettamente la prima volta che ho inserito la musicassetta nel registratore: dalle casse è partito un vorticoso riff di chitarre con l’incalzare della batteria ed Axl che cantava “You know where you are??? You’re in jungle baby! You gonna die!” … WOW pazzesco!!!

L’album è composto da 12 canzoni non uguali fra loro, ognuna con uno stile diverso. Ogni singolo brano è una storia a parte, un pezzo con caratteristiche proprie. Tuttavia, pur essendo diverse, le canzoni sono legate da un filo conduttore ovvero il sound, sempre convincente con assoli di qualità, la voce di Axl e grandi lavori di basso e batteria che dettano sempre tempi diversi.

Le chitarre sono sempre sentite in primo piano con i loro riff cadenzati e assoli a tratti veloci e rabbiosi (Nightrain, Get out ta me, Paradise city, You’re crazy, Anything goes e My Michelle) a tratti funky/tribale (Mr. Brownstone) a tratti più melodici e lenti come in Think about you, Rocket queen o come nella fantastica Sweet child o’ mine (il suo riff è uno dei più conosciuti della storia del rock).

Dentro i testi troviamo di tutto (rabbia, delusione, amore, speranza, rapporti con la droga, sesso) e dentro il sound troviamo tutta la potenza e passione della musica di strada, che veniva suonata nei garage o negli angoli sporchi di Los Angeles.

La tempesta perfetta del successo dei Guns, in quegli anni, è dovuta anche ad altri due fattori: la band che ha riproposto senza paure la vecchia fede “sex, drugs and rock n’ roll” e la copertina del disco.

Il look dei membri della band gioca un ruolo fondamentale alimentando l’interesse sempre maggiore di curiosi e dei media.

Infatti a vistose giacche con spalline o capelli pieni di lacca (tipico look delle band di allora) i Guns propongono jeans attillati sormontanti da stivali, t-shirt semplici, tatuaggi, capelli lunghi senza tanti eccessi, giubbotto di pelle nera (ovvero l’immortale “chiodo”) e fiumi di Jack Daniel’s e altri superalcolici a qualsiasi ora del giorno accompagnati da pacchetti e pacchetti di sigarette.

La primissima copertina del disco fu subito oggetto di censure e il disco fu ritirato dal commercio. La copertina era infatti un quadro di Robert Williams che raffigurava un mostro volante che difende una ragazza svenuta da un robot che probabilmente la voleva stuprare (ci sono anche voci che dicono che i Guns non avessero pagato il quadro e quindi avessero violato il copyright).

Il disco a questo punto viene rimesso in commercio con una nuova copertina, tratta da un tatuaggio di Axl. E qui signori i Guns hanno avuto, a mio avviso, un gran colpo di culo. Infatti la nuova copertina era la croce con cinque teschi che raffigurano i membri della band, che è da subito diventata una icona su t-shirt, adesivi, bandiere e toppe per giubbotti di jeans (famosissimo all’epoca era il Pronto Moda, dove potevi trovare t-shirt e toppe).

Essendo un amante sfegatato di questo disco posso dire tranquillamente che per me non è assolutamente un disco normale, al pari di The Number of the beast degli Iron Maiden o Master of puppets dei Metallica o Dark side of the moon dei Pink Floyd.

La sola cosa che posso fare è consigliare caldamente l’acquisto a chi ancora non l’avesse fatto (gravissimo) perché non deluderà le vostre aspettative.

Questo disco, ripeto, ha cambiato per sempre a mio avviso la storia dell’hard rock mondiale e non solo.

A distanza di 35 anni dalla sua uscita non ha minimamente perso il suo fascino, la sua potenza, la sua energia … a distanza di 35 anni resta ancora una pietra miliare di indiscutibile bellezza.


Enrico Grillo


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