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SONIC YOUTH - Gioventù sonica e colossale

Aggiornamento: 11 lug 2021

Cosa c’entra Colson Whitehead, scrittore americano vincitore del Premio Pulitzer con lo splendido romanzo La ferrovia sotterranea, con i Sonic Youth?

Alla fine del libro, leggendo i ringraziamenti si scopre che l’autore per scrivere le ultime pagine ha ascoltato Daydream Nation dei Sonic Youth.

Con l’uscita del doppio album Daydream Nation (1988) consegnano la loro musica alla storia.

La gioventù sonica in 70 minuti crea una pietra miliare (assieme a Zen Arcade degli Husker Du capolavoro assoluto del post-punk americano) che sigillerà definitivamente uno dei vertici del triangolo rock (a scanso di equivoci, gli altri due sono Stooges e Velvet Underground).

Ricordo per i posteri l’incipit dell'album, Teen Age Riot, una chitarra pigra, una batteria che attacca e si ferma, un riff che riparte e la batteria che segue. In sette minuti, i Sonic Youth, spiegano a tutto il pianeta il significato di indie rock.

Lee Ranaldo, Thurston Moore, Kim Gordon (ispiratrice della bassista dei Maneskin, Victoria, non c’erano dubbi a riguardo) e Steve Shelley sono i maestri di cerimonia noise durante i primi anni ’80; punto di riferimento per l’intero indie rock, scoprirono gente come i Nirvana (mitica la t-shirt dei Sonic Youth indossata da Kurt Cobain) o Dinosaur Jr portandoli appresso in tour.

Inclini al rock sperimentale, armonizzano un punk rock evoluto e dinamico con la psicadelia, raggiungono un punto di equilibrio tra le sonorità più dissonanti e la varietà di scrittura che caratterizza la maggior parte dei loro album.

La loro discografia conta quindici album da studio testimonianza di una vena creativa e compositiva notevole.

Non del tutto marginali rispetto al fenomeno grunge nei primi anni ‘90, nel 1992 esce il loro secondo album per una major (dopo Goo nel 1990), la Geffen, è Dirty prodotto da Butch Vig già produttore di Nevermind.

Dirty resta forse il più fluido tra gli album della band. Dall’inizio alla fine non si getta via nulla.

Il punto più alto della vena compositiva della bassista Kim Gordon, la musica è grezza, a volte allucinata, pochi cenni all’esplosività grunge, un disco ragionato e dichiaratamente politico.

Punti di forza: le armonizzazioni di Sugar Kane e Theresa’s Sound World e Youth Against Fascism manifesto politico di una generazione.

Un viaggio onirico e affascinante senza meta tra le strade d’America.


Gianbattista Roccato


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